Non dimenticarmi

Non dimenticarmi

La guardò negli occhi più a lungo che poté, cercando di non sbattere le ciglia per paura che quell’ultimo attimo potesse scivolare via.

Non dimenticarmi” le sussurrò infine,  quando lei chiuse gli occhi e si perse di nuovo nell’oblio. Avvicinò le labbra al suo viso e la baciò nell’incavo tra il naso e l’occhio, laddove era solito asciugarle le lacrime quando avevano una brutta litigata. Stavolta però era lui che piangeva.

Una lacrima scese dai suoi occhi fino alla guancia di lei, in una disperata congiunzione di ciò che la malattia stava inesorabilmente separando. La baciò con il rimpianto in gola, come accadeva ogni volta che lei se ne andava via.

La diagnosi era stata impietosa, solo pochi mesi prima. Un velo di tenebra si stendeva velocemente sulle loro vite e a nulla sarebbero valsi i tentativi di tirarlo via: lei stava scivolando verso un mondo in cui ieri è oggi e oggi non si sa.

Ma era il domani a spaventarlo di più: il momento in cui sarebbe rimasto l’unico consapevole di ciò che stava accadendo, circondato dai ricordi del passato e in compagnia dei demoni del futuro.

Bagliori fatui andavano e venivano negli occhi di lei in un’altalena di scenari improvvisi, senza mai la possibilità di anticipare quale sarebbe stata la prossima mossa.

Aspettava paziente, quindi.

Talvolta aveva di fronte a se una sconosciuta: rivelava lati del suo intimo che mai e poi mai lei gli avrebbe mostrato, se solo avesse potuto evitarlo.

Ne era certo.

Quelli erano i momenti più difficili: aveva l’amara sensazione di invadere una sfera che ogni essere umano dovrebbe avere il diritto di preservare.

A che pensi?”
A niente“, avrebbe risposto in altri tempi.

Adesso, invece, i freni inibitori erano crollati e i le frasi andavano a ruota libera; i pensieri del niente assumevano contorni fin troppo precisi, carichi di significato e densi di spessore. Ogni frase rischiava di ferirlo, anche se pronunciata dalle stesse labbra che tempo prima gli avrebbero detto, con la leggerezza del momento, “non penso a niente“.

Altre volte, però, andava meglio: veniva a trovarlo  l’adolescente di cui si era innamorato, quella con il vestito a fiori che, trent’anni prima, gli correva incontro mentre lui l’aspettava sotto casa con il motorino acceso. Le stesse frasi, lo stesso sguardo. In quelle occasioni il suo spirito si rinfrancava e godeva della bellezza del suo sorriso ammiccante.

l’Alzheimer è la malattia del rimpianto, aveva letto da qualche parte

Forse è proprio così.

Ed è così che deve andare.

Tornò a guardare il suo viso, ma lei era già altrove.

Non dimenticarmi” le disse in un flebile bisbiglio, “resta con me, almeno per un’ora”.

Si perse in una lacrima, in attesa di vederla tornare.

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