A molti di noi sarà capitato di avere sotto gli occhi un oggetto superfluo e fastidioso: ingombrante e inutile, sembra fissarci caparbio dall’angolo in cui è stato abbandonato.
Ci passiamo vicino tutti i giorni senza prestargli troppa attenzione, ma decidiamo comunque di lasciarlo lì dov’è perché pensiamo che anche le cose meno aggraziate meritino una possibilità di redenzione.
C’è un enorme aquilone buttato lungo il viale di casa mia; sta li come se fosse il residuo anacronistico di un tempo mediocre.
È brutto, logoro, consumato dagli anni, gettato sul ciglio della strada senza arte né parte. A ben vedere, da l’impressione di essere stato un giocattolone scadente anche nei suoi anni migliori: nonostante l’aspetto pittoresco, infatti, è tutta figura e niente sostanza ed è chiaramente inadatto al volo.
Oggi questo aquilone è vecchio, la struttura rosa dai tarli e la tela bucata dalle intemperie.
Sgradevole a vedersi, giace sommesso in equilibrio precario e, inabile ad una vita di libero raziocinio, sembra comunque pronto a spostarsi se tira un po’ di corrente.
Finché un giorno, per un’improvviso colpo di vento che l’aquilone sembrava agognare da tempo, ci sbatte addosso mentre passiamo.
Il dolore è tale da togliere il respiro.
Fiero e appagato dal suo prode rovino, il tronfio aquilone torna a vegetare nella sua abituale inutilità, adagiato se è possibile ancora più in basso di prima.
Per metterci in sicurezza proviamo a legarlo, complici le mani sapienti di valorosi aiutanti i quali, con corde e legacci, riescono a fissarlo quel tanto che basta affinché non possa più caderci addosso.
Potremmo decidere di lasciarlo li, evitando con cura ogni minimo scontro, ma è inevitabile che talvolta si sia costretti a passarci vicino, con un misto di dolorosa memoria e crescente insofferenza. Perché ciò che turba la nostra mente, in fondo, è che non abbiamo nemmeno provato a frenare la sua caduta su di noi, talmente eravamo bloccati nel nostro scioccante stupore.
La sola vista dell’aquilone ci turba ancora perché la peculiarità di questi oggetti logori, seppur resi inoffensivi da persone capaci, è che trasmettono i tarli a ciò che li circonda.
Iniziamo a realizzare che il passo dallo status di oggetto inutile a quello di rifiuto è più breve dell’apparenza e che il cassonetto della spazzatura forse è l’unica soluzione per porre fine al problema.
Arriva quindi il giorno in cui la necessità di pulizia supera di gran lunga il desiderio di rivalsa sul rifiuto spocchioso: in fondo, per disinnescare l’effetto nefasto causato dallo scontro, ci vuole molta saggezza, ma ce ne vuole di più per scegliere la resa.
Perché la verità disarmante è che la spazzatura tale è e tale rimane, c’é poco da fare, tanto vale non perderci tempo.
E mentre l’aquilone ci osserva placido dal fondo del secchio, consapevole del suo status perenne di rifiuto reietto, basta chiudere in fretta il coperchio per farlo sparire per sempre.
L’aria si fa più leggera e il tarlo per incanto scompare.
Ci allontaniamo sereni e senza rimpianti con un lieve sorriso che guarda al futuro, già dimentichi di quel penoso aquilone che non ha mai saputo volare.
E mentre volgiamo le spalle ad un cielo pesante illuminato solo da cinque pallide stelle destinate a sparire, concediamo infine il passo alla pacatezza del nuovo.
Lascia un commento